Medea's Room, lo spettacolo di Cam Lecce e Jörg Grünert per la giornata internazionale della donna

Medea’s room pone sul piatto una serie di questioni che riguardano la relazione maschile e femminile, oltre alla mentalità di una società.

Nella giornata internazionale della donna Cam Lecce e Jörg Grünert, hanno portato in scena allo Spazio Matta di Pescara lo spettacolo “Medea’s room”, inserito nella rassegna Artex, l’Arte incontra il Design, promossa dall’Università Europea del Design di Pescara.

“Il sottotitolo dello spettacolo è ‘la prossimità della violenza nella vita quotidiana’ – spiega Cam Lecce – un aspetto che va assolutamente rilevato: troppo spesso non siamo capaci di rintracciare dei segni premonitori che possono poi degenerare.”

La Medea che portate in scena non è quella narrata da Euripide.

“No, è quella nata da una lunghissima ricerca di Christa Wolf. Riteniamo il lavoro fatto da Wolf una matrice da cui partire per porre all’attenzione dei ragazzi delle giovani generazioni la problematica.”

Una riflessione che riguarda sia la condizione della donna che quella dello ‘straniero’.
“Questo testo di Wolf ha tantissime sfaccettature: non pone solo la questione delle relazioni, della mentalità tra maschile e femminile ma anche la questione dell’altro, dello straniero. Noi riteniamo che la drammaturgia sostenga la condizione di giustizia, di parità, di equità, di essere persone di una società con pari diritti.
Il teatro non pone mai soluzioni, pone domande. 
Spesso le persone abusanti sono le prime a non riconoscere quello che fanno perché il loro atteggiamento patriarcale è legato alla mentalità nella quale sono cresciuti e nella quale i loro genitori, la loro mamma, li ha educati.”
Dunque, educare i ragazzi, facendoli riflettere su come la società a volte plasma gli individui, li aiuterebbe a capire meglio la problematica?

“Partiamo dal contribuire alla cultura, perché i ragazzi vanno sostenuti soprattutto nel capire il valore della cultura e dei diritti in una relazione di reciprocità con l’altro.”

Articolo di Emanuela Costantini