I cappelli-scultura di Pasquale Bonfilio incantano i futuri fashion designer della UED

Pasquale Bonfilio, giovane e talentuoso Fashion designer, ha chiuso il ciclo di incontri “Glamour – Appunti di moda”, promosso dall’Università Europea del Design di Pescara.
Il giovane modista di origine pugliese è stato anche l’ospite che ha aperto “Open to creativity “, la ‘due giorni’ dedicata alla creatività organizzata dalla Ued nelle sale del Museo delle Genti d’Abruzzo di Pescara.

Da dove è nata questa tua passione per i capelli?

“Questa mia esperienza è nata a Bruxelles circa dieci anni fa, – racconta Pasquale Bonfilio – subito dopo la mia prima personale di pittura. In quell’occasione ho conosciuto Elvis Pompilio, famoso modista che ha fatto cappelli per Dior e molti altri. Mi ha chiesto di collaborare con lui per una campagna fatta dalla Schweppes con Uma Thurman. Dovevo restare un mese, invece sono rimasto tre anni e mezzo!
Elvis Pompilio ha sempre creduto in me: diceva che sentivo i materiali. Dopo una settimana che collaboravo con lui riuscivo già a fare dei cilindri…Da qui è nata la passione per cappelli che in realtà.”

Come sei arrivato al mondo della moda?

“In realtà casualmente. Il mio mondo era quello dell’arte, della pittura, del disegno, della scultura, che ho fatto sempre come autodidatta. Poi mi sono trovato travolto da questa esperienza. “

Hai un atelier a Milano, la Cappelleria artistica.

“Si, dove ricevo solo su appuntamento. Non ho un punto vendita, ma alcuni negozi che vendono i miei cappelli. Essendo pezzi unici è difficile seguire tutta la produzione. Anche perché continuo a fare tutto da solo: disegno, cucio, preparo le scatole per gli editoriali e faccio molte collaborazioni con alcuni brand famosi.”

Cosa hai mostrato agli studenti del corso di Moda dell’Università Europea del Design di Pescara?

“Ho fatto vedere come nasce un cappello. Ho portato delle forme di legno sulle quali si posa il feltro per modellarlo. E ognuno di loro ha realizzato un cerchietto con veletta.”

Quale consiglio daresti ai ragazzi che si affacciano al mondo della moda?

“Gli direi di lavorare tanto. Il mio ex capo diceva: ‘Gran parte del successo viene con tanto duro lavoro’. Ed è vero. Secondo me non bisogna fare un abito e dire: ‘Nessuno mi chiama’. Devi lavorare e insistere, senza scendere a compromessi. Non è necessario. E poi bisogna dare sempre il meglio di sé. Secondo me con la passione si arriva ovunque. “

Quali sono gli aggettivi che ti rappresentano?

“Preciso e metodico. Sono molto autocritico: tutto deve essere perfetto. Non esce niente dall’Atelier se non è perfetto. Spesso vado sul set a posare il cappello sulla modella, perché sia messo in un determinato modo.”

È importante la formazione per arrivare a questi risultati?

” Sì. Che sia in bottega o in una scuola, è importante avere qualcuno che ti segue. Poi, bisogna sperimentare anche da soli, fare ricerca. Avere la possibilità di studiare è una buona chance. Io non l’ho avuta.”
I tuoi capelli vengono definiti “cappelli-scultura’.

” Sì, perché io utilizzo i miei stampi per realizzare le mie creazioni. Inizio a posare il feltro, lo scaldo, utilizzo il vapore per modellarlo. Ci vuole forza perché devi tirare. Una volta che la forma è raffreddata, la tiro su e inizio a scolpirla con le mani, utilizzando il vapore. Quindi non si ha mai un pezzo identico ad un altro. Parto da un pezzo di stoffa, un cono di feltro, per creare una scultura.”

Quanto tempo occorre per fare un cappello?

“Per fare una forma anche una giornata. Poi deve riposare. E il giorno dopo si torna a lavorare. Comunque occorre in media un giorno per un cappello semplice, pret-a-porter, una settimana per quelli d’Alta moda. Per realizzare un cappello con pietre cucite a mano, un migliaio, ho impiegato un mese.”

È difficile ritagliarsi del tempo per sé?

“Sì. Anche se sto imparando a farlo, ad organizzare delle cene con amici o una passeggiata nella natura, per ricaricarmi. Ho messo da parte la pittura. Mi manca tantissimo, ma appena posso disegno.
L’arte del cappello mi appaga in uguale misura, perché amo il mio lavoro.”