Maurizio Coccia ospite di ArtEX: "La creatività è riorganizzare la realtà per risolvere problemi"
È una riflessione sulla creatività e sull’arte contemporanea quella che Maurizio Coccia, docente di Storia dell’arte contemporanea e Storia e metodologia della critica d’arte all’Accademia di Belle Arti dell’Aquila e all’Accademia di Belle Arti di Perugia, ha condiviso con gli studenti dell’Università Europea del Design di Pescara nel corso del seminario “Configurazioni della creatività”.
“L’idea di questo titolo nasce dall’ispirazione che mi ha stimolato questo luogo – spiega Maurizio Coccia, ospite di Artex, l’appuntamento con l’arte promosso dall’Università Europea del Design di Pescara –. Per dare una risposta bisogna innanzitutto distinguere il termine creatività da creazione, sottolineando che la creatività consiste nel riorganizzare i dati della realtà. La creatività, secondo me, è la risposta a un problema. È molto difficile che arrivi in maniera indiscriminata.”
Come si accostano all’arte contemporanea e alla creatività i giovani creativi?
“Non si può dare una risposta univoca. Il termine creatività è abusato e viene utilizzato anche a sproposito per giustificare molto spesso delle stravaganze. La creatività deve avere comunque un punto di partenza e uno di arrivo.
Nell’ambito dell’arte contemporanea la creatività viene applicata a riconsiderare certi aspetti della storia dell’arte che ci si presentano sempre. Ormai è molto difficile inventare.
Al di fuori dell’arte contemporanea c’è la tendenza ad essere soprattutto prensili. Con i device digitali c’è la possibilità di attingere a una marea di informazioni, immagini e stimoli. In alcuni casi vedo dei risultati interessanti, ma molto spesso c’è un grande appiattimento.”
Per stimolare la creatività, secondo lei, sono importanti anche attenzione, concentrazione, studio?
“L’attenzione dovrebbe essere un’attitudine esistenziale che tutti dovremmo applicare. E la coerenza con lo scopo, chiedendosi cosa si vuole raggiungere, mettendo insieme il punto di partenza con il punto di arrivo.
Facendo sì che ciò che molto spesso è passato inosservato, con un semplice gesto si possa rivoluzionare.
Benedetto Croce diceva: basta poco per cambiare il mondo. Basta guardarlo in maniera diversa. È questo l’inizio del cambiamento.”
Come possiamo avvicinare i giovani all’arte e ai luoghi in cui questa è custodita ed esposta?
“Questa è una lacuna fortissima. Inoltre, iscriversi in una scuola a indirizzo artistico senza aver frequentato le mostre, senza aver chiaro il perché, non rende più liberi, più leggeri. Fa navigare nel vuoto, annaspare.
Agli studenti dei miei corsi dico sempre: non insegno, non tento di convincervi. Io cammino. È con l’esempio che si riesce ad avvicinare i ragazzi all’arte.”
Spesso l’arte è percepita come qualcosa di astratto.
“No, assolutamente. L’arte non è la realizzazione di un oggetto. È anche quello, ma è soprattutto un’azione che si compie nel mondo. E qualunque azione ha una corrispondenza e una reazione.
Fare significa entrare in una dimensione dinamica e relazionale. L’arte è questo. Non c’è più questo modello paradigmatico dell’artista chiuso nella sua torre d’avorio. L’artista è una persona che ha dei connotati somatici, sociali, economici, politici. L’artista è una specie di catalizzatore.
Spesso basta veramente pochissimo per creare qualcosa di clamorosamente diverso. Non nuovo, diverso.”
Ognuno di noi di fronte a un’opera d’arte percepisce una sensazione diversa. Dovrebbe essere così?
“Ci hanno insegnato a entrare in un museo come si entra in una chiesa. La chiesa è un luogo di culto, luogo dove si esprime la fede. E la fede non si discute.
Allo stesso modo ci mettono davanti al capolavoro in maniera passiva e ci beamo della sua bellezza. Sono contrario a questa cosa.
Ogni opera è un punto di partenza, non di arrivo. Altrimenti è qualcosa di autocratico, coercitivo.
L’arte deve essere un’apertura.”
Negli scorsi giorni il direttore del Museo Egizio di Torino ha sottolineato proprio la necessità che i musei si aprano al cambiamento, proponendo nuovi allestimenti e nuove formule per incuriosire i visitatori.
“Sono totalmente d’accordo. Il museo non è solo uno scrigno che conserva le testimonianze del passato, che valorizza il nostro orgoglio cittadino.
Ho scritto un libro sui musei, all’interno del quale ho definito il museo una power station, una centrale di energia. È un punto di connessione tra ciò che è dentro e ciò che è fuori.
Deve essere dinamico. Deve essere qualcosa che può essere attraversato. Per questo deve cambiare, perché le persone cambiano.”
Questo è un problema italiano, più che del resto del mondo.
“Prevalentemente sì, perché c’è questa tesaurizzazione del contenuto dei musei che però è anche contraddittoria, perché i biglietti di ingresso ai musei hanno dei prezzi altissimi.
A me piace tantissimo andare a Londra, perché dai appuntamento dentro un museo, prendi il caffè dentro il museo. E le collezioni sono gratuite. Al British Museum e alla National Gallery non c’è bisogno di pagare.
In Italia siamo ancora un po’ rudimentali. Si sono accorti che la cultura è anche uno strumento politico. Abbiamo i principali musei italiani in stallo perché non è stata rinnovata la direzione, con tutti i problemi che ciò comporta, non solo dal punto di vista culturale ma anche economico.
Da noi non c’è ancora una considerazione matura dello strumento museo. Per me è un mezzo, non un fine.”
Cosa dovrebbe fare un ragazzo o una ragazza che vogliono iniziare un percorso artistico?
“È una domanda a trabocchetto… Non ci si sveglia al mattino dicendo Voglio fare l’artista! Può anche essere! Ma è l’eccezione.
La regola è che, come per la musica, per il canto, per il calcio, è qualcosa che hanno dentro, di intuitivo, che non passa solo attraverso il virtuosismo, per esempio il saper disegnare, ma è un approccio diverso alla realtà.
Quindi deve essere molto fortunato a trovare qualcuno che gli dia la possibilità di sviluppare questo talento senza plagiarlo, senza strumentalizzarlo. E deve informarsi bene sui percorsi migliori.
Ma, soprattutto, deve frequentare l’arte e gli artisti; deve andare alle mostre, alle inaugurazioni e capire con molta umiltà – che non è la modestia! È molto più nobile – che è già stato fatto praticamente tutto e nessuno nasce saputo.
La presunzione, l’arroganza di considerarsi il genio incompreso, ha fatto più danni del colesterolo.”
Articolo di Emanuela Costantini